venerdì 27 gennaio 2017

Dal Didò alla ceramica


Venerdì scorso si è concluso il primo “term” (quadrimestre) e con esso il corso di ceramica di Tommaso: nella seconda parte dell’anno frequenterà infatti ingegneria e disegno tecnico.
La Phillips Middle School propone anche altri corsi ad indirizzo artistico, ma il giorno dell’iscrizione un incontro fortuito con un’insegnante ci aveva indirizzato verso la ceramica…mai scelta è stata così azzeccata!



Fin da subito Tommaso è tornato a casa entusiasta. Ogni giorno scoprivamo anche noi, con i suoi racconti, le tecniche utilizzate, il nome dei vari strumenti, e le difficoltà di realizzazione. La lezione si svolgeva subito dopo la pausa pranzo e, secondo Tommaso, era perfetta per rilassarsi durante la digestione!

In un laboratorio allestito con tavoloni e scaffali, i ragazzi avevano a disposizione cinque “pound” di argilla e, all’inizio, hanno seguito l’esempio di Penelope “disfando” ogni volta quanto creato durante la lezione, fino a quando le prime opere sono diventate artisticamente apprezzabili: da piccoli contenitori a portacandele, da piatti a vasi, gli artisti hanno trovato il loro stile!


Oltre ai moltissimi strumenti ed attrezzi per modellare e a colori e pennelli per dipingere, l'aula è anche provvista di alcuni forni: un paio più piccoli ed uno grande quanto uno sgabuzzino con una porta blindata che sembra l'ingresso di un caveau. C'è una linea di demarcazione ben precisa ed ai ragazzi è assolutamente vietato avvicinarsi! Ci sono anche due torni: gli studenti seguono rigorosamente dei turni per poterli usare.
Durante il primo incontro con l’insegnante mi sono sentita chiedere se Tommaso avesse frequentato dei corsi di ceramica, poiché era bravo e lavorava molto. Ho risposto che era alla prima esperienza, ma forse avrei dovuto considerare le ore passate sul tavolo della cucina con la pasta e sale e la quantità di plastilina che abbiamo comprato con la scusa di intrattenere cugini o amici più piccoli durante le visite! Per quanto riguarda il “lavorare molto” Tommaso ci ha fornito la spiegazione: i miei compagni chiacchierano e perdono tempo, io non so chiacchierare, quindi lavoro! Ci ha fatto tenerezza e, a posteriori, capiamo quanto siano state importanti per lui, soprattutto durante i primi mesi quando la comunicazione in inglese era ancora precaria, materie come ceramica e orchestra in cui poter utilizzare un linguaggio diverso, da lui conosciuto!

Una mail dell’insegnante ci ha invitati a visitare il laboratorio per prendere visione del portfolio di Tommaso: ciascun artista, dopo aver commentato le proprie opere, doveva avvolgerle in carta di giornale e sistemarle con cura negli scatoloni per portarsele a casa. Primo pensiero: ma quanto pesano? Come le portiamo in Italia? Per ora le abbiamo fotografate, poi vedremo…

Il laboratorio di ceramica

Seguono alcune opere, con il commento dell’artista…enjoy!

Maschera:  un progetto che la mia professoressa ha deciso di far fare solo al nostro gruppo, che era molto tranquillo, perchè comportava l’utilizzo di una sostanza tossica (indossavamo infatti una mascherina). Dopo aver creato un’armatura in giornale e averla ricoperta con una “slab” di argilla abbiamo iniziato a rivestirla con dei foglietti bianchi impregnati di una sostanza tipo carta pesta, che dopo tre giorni si è indurita. Dopo aver staccato la maschera dalla base di argilla, l’abbiamo dipinta.  

Face jug: la mia preferita. Si realizza disponendo una serie di “salsicciotti” di argilla uno sopra l’altro…ci vuole un’ eternità! In un secondo momento si modellano bocca, naso e occhi. Il colore in realtà non è stato premeditato, mi aspettavo un verde più scuro… ma va bene anche il verde Hulk! E’ una brocca a tutti gli effetti: ho provato e non perde, ma non è così funzionale perché molto pesante. Le “Face Jugs” sono tipiche del Nord e Sud Carolina e della Georgia, realizzate dagli schiavi Afro-Americani verso la metà del 1800, quando non avevano diritto ad una pietra tombale. Interpretazioni moderne vengono ancora realizzate in questi stati e vendute come souvenir.

Chihuly: il pezzo prende il nome da un famoso artista statunitense contemporaneo che crea opere astratte in vetro soffiato. Su spunto di una sua creazione ho fatto questa torretta, usando come tecnica di pittura la “brush brush”, cioè ho usato uno spazzolino per spruzzare la vernice.

Urna cineraria: dopo aver “studiato” la cultura araba, la mia professoressa ci ha proposto di fare un’urna cineraria, su modello di quelle in bronzo. A casa l’abbiamo riconvertita in un portagioielli!

Candle holders: fare questi porta candele è stato il lavoro più noioso. Sono tra i primi oggetti che abbiamo realizzato perchè la tecnica è molto facile:  bisogna solo fare uno “slab” chiamato anche “pizzas” (la “s” è obbligatoria), ovvero la base, che viene poi circondata da una striscia intagliata a piacere. Su quella azzurra volevo scrivere Tom, ma l’ho attaccata al contrario! La cosa più divertente è stata far fondere la cera e versarla negli stampini per creare le candele!


venerdì 20 gennaio 2017

Dalla pasta sfoglia alla puff pastry

E' sabato e mi aggiro tra le corsie del mio supermercato preferito.
Ormai quasi ad occhi chiusi riesco a trovare negli scaffali fette biscottate, mozzarella, latte, noci della California già sgusciate (buonissime), sciroppo d'acero (sui pancake o nello yogurt bianco con le noci è forse la migliore scoperta culinaria americana)... ma dove è finita la pasta sfoglia? Avranno cambiato posto?

Chiedo aiuto ad un commesso che sta sistemando alcuni prodotti: gentilmente mi risponde che la "Puff Pastry" surgelata è "out of stock" poichè si tratta di un prodotto stagionale.
 "Stagionale perchè? E' un prodotto di importazione francese... in Francia mangiano i croissant tutto l'anno, no?" Ancora incredula domando quando il prodotto tornerà tra gli scaffali...risposta laconica: ad ottobre! Ringrazio a denti stretti pensando che ad ottobre non mi servirà più...adesso invece una torta salata mi avrebbe risolto il problema di un pasto a scuola!


Ci aspetta un weekend tranquillo a casa, complice un po' di influenza, non per il freddo invernale, quello è durato solo una settimana ed ha mandato il sistema in tilt (scuole chiuse tre giorni perchè non sono attrezzati e due centimetri di neve si trasformano in una lastra di ghiaccio che solo il sole riesce a sciogliere), ma per l'aria condizionata. Tornati i 20 gradi si riprende la routine quotidiana: nelle classi e sul pulmino, si attiva automaticamente il sistema di raffreddamento! Il danno è fatto, tachipirina per tutti!

Per non cedere alla noia a Rebecca scatta la rivincita sulla "stagionalità"...
Guarda un paio di video su Youtube e comincia ad impastare, mette in frigo a riposare, ripiega, picchietta, aspetta con pazienza...fino a quando un panetto di pasta sfoglia a 81 strati è pronto per essere trasformato in torta salata.


L'operazione le ha preso il pomeriggio, ma per sfruttare i tempi morti ha creato quasi per magia della pasta brisè, una crostata, dei biscotti al cioccolato, dei "sofficini" fatti in casa...

Quando verso sera mi chiede se abbiamo dell'acido citrico perchè vuole fare le mozzarelle, capisco che la situazione ci sta sfuggendo di mano...temo di dover andare a comprare nuove bacinelle per l'inizio di un caseificio clandestino sul balcone, quando lo chef ripiega sulla produzione di un formaggio più semplice: il primo-sale, perfetto per la famosa torta salata che, a questo punto, diventa veramente a Km zero!



mercoledì 11 gennaio 2017

Dalla Zafira a Galactica


Una delle cose che sicuramente non avrei immaginato di fare prima di venire negli Stati Uniti (US) è stato l'acquisto di Galactica.
O forse era già nei miei sogni, simili a film, dove le decapottabili sfrecciano lungo le strade infinite del deserto del Texas o tra i viali orlati da palme della Florida. Dietrologie a parte, Galactica, alla fine, è arrivata.

Avevamo bisogno di un auto: le uniche cose raggiungibili a piedi da casa nostra, in un ragionevole lasso di tempo, sono il cassonetto della spazzatura e la buca delle lettere. I mezzi pubblici locali, a parte gli aerei, se brillano per efficienza, nulla possono in un territorio così sconfinato. Pendolare da una vita, posso capire perché il sistema abbia scelto il privato rispetto al pubblico e che i maggiori investimenti vengano fatti sulle infrastrutture viarie, piuttosto che su una rete capillare di treni e autobus.
Peace and Love (cit.)

Ma non divaghiamo e rimandiamo certi discorsi ai prossimi post.

Iniziamo dal nome. Perchè Galactica?

Rebecca è arrivata negli US  un mese dopo rispetto a Daniela, Tommaso e al sottoscritto: Galactica era già una realtà consolidata. Appena ha visto l'auto, probabilmente stanca e provata dal viaggio transoceanico e complice il fatto che era quasi mezzanotte, ha esclamato "Perchè avete comprato questa cag@a galattica?"
Rebecca è dispiaciutissima della scelta fatta.

Per il sano principio del trasformare i problemi in opportunità, mi è subito venuta in mente una delle mie serie preferite: "Battlestar Galactica", ed ecco battezzata l'auto nella migliore tradizione del Jérémy di Pennac. Decidete voi come considerarla: io preferisco la memoria della gloriosa nave interstellare con la quale la mia auto ha più di una affinità... a cominciare dal comandante (io)!

E' una Chrysler Sebring del 2005, 24 valvole e motore da 2700 cc, due porte e, ovviamente, cambio automatico. Ecco, ho già inziato ad elencare i difetti: è una Fiat. Ha anche, però, moltissimi pregi.

Impensabile immaginarla sulle strade italiane, visto il prezzo della benzina! Qui costa poco più di due dollari al gallone (divertitevi con le conversioni o godetevi la miglior battuta del film Only you - Amore a prima vista). Il colore è bianco/panna con interni neri in pelle.

Verso casa

L'abbiamo acquistata da un professore spagnolo che doveva trasferirsi in una università di uno stato con un clima poco adatto alle "convertible". Troviamo un annuncio sul sito della Duke con le informazioni necessarie e, dopo un paio di telefonate, ci accordiamo per un appuntamento e una prova.

Amore a prima vista: una cavalcata lungo l'Interstate 85 sotto un sole cocente ed, ovviamente, la capote (o top roof, come dicono da queste parti) abbassata. Tommaso entusiasta, Daniela dubbiosa, io che avevo già deciso.
Convertible, caffè e bionda...cosa vuoi di più dalla vita?

Il mattino dopo siamo andati da Larry, spettacolare meccanico di un' officina di Durham, per il controllo d'obbligo. E' un tipo taciturno, un altro stereotipo da film con la salopette d'ordinanza, che ci rilascia un certificato di "auto in ottime condizioni".

Un salto in banca dove un notaio (GRATIS!!!!!) in 2 minuti compila il passaggio di proprietà, un assegno e l'automobile è nostra. Proviamo ad andare al Plate Registration Office per cambiare la targa (negli US la targa è legata alla persona e non al veicolo, come in Italia) ma sorge la questione della patente e dell'assicurazione (si veda a proposito il post "Dalla scuola guida al DMV" per i dettagli sulla tristissima operazione). Ok! Sono proprietario di un' auto con la targa associata ad una seconda persona ed un' assicurazione garantita da una terza: non vedo l'ora che il primo sceriffo mi fermi!!
Abbiamo una targa

Bene! Ora non ci resta che lanciarci sulle immense strade degli States con il vento tra i capelli: non ho questo problema, ma un cappellino della Duke che-fa-molto-figo lo compro ugualmente, mentre Tommaso e Rebecca sui sedili posteriori sperimentano il concetto di corrente turbolenta, rottura dello strato limite e vortici di von Karman (sono un ingegnere idraulico, dopotutto).

Mi sembra che tutti i senza-convertible ci guardino invidiosi. In realtà ci capita quello che capita a tutti: prima di avere una convertible pensavo che fosse una cosa rara, ora che sono legalmente il fiero proprietario di Galactica, ne vedo a decine sfrecciarmi sulle corsie adiacenti. Siamo un club escusivo con molti soci: devo informarmi se esiste un saluto o un'occhiata tipica da lanciare agli altri automobilisti.
Verso le montagne per il foliage

Nel messaggio di vendita il professore spagnolo aveva scritto che l'auto presentava alcuni piccoli problemi estetici ed in effetti è vero: ha più di 10 anni e oltre 120.000 miglia sul groppone. Se dovessi tenerla per più tempo probabilmente non le farebbe male un passaggio in carrozzeria. Complice il sole,  il top roof ha un colore che sicuramente non è più quello originale e ci sono due rammendi vicino alla barra di sostegno ("tacun" li chiama qualcuno, invidiosissimo) e la mascherina sul davanti è leggermente dilatata. qualche bollo qua e là ma, per il resto, va che è una meraviglia.  Il motore romba fiero e deve durare al massimo fino al prossimo novembre, quindi è perfetta.

Ci mancano solamente due cose: una striscia sul fianco alla Starsky & Hutch e l'agilità per entrare direttamente dal finestrino alla Bo and Luke. Sigla! Posso suggerire Waylon Jennings, i James Taylor Quartet o la più nostrana "Dune Buggy" degli Oliver Onions?
 
Tutto bene dunque? Non proprio, devo ammetterlo. Un paio di problemi sono sorti strada facendo...

Una sera, mentre stavamo andando a sentire un concerto di Natale a Durham, inizia ad uscire del vapore dal cofano: è evidente che il sistema di raffreddamento ha qualche problema. Larry, dove sei? Torniamo a casa piano piano (sono solo 12 miglia) e il giorno dopo il mitico Larry risolve il problema sostituendo una valvola difettosa. "Abbiamo fatto qualcosa che non va? Perchè si è rotto il pezzo?" chiediamo. "Plastic" è la laconica risposta che mette a posto ogni cosa, comprese la coscienza e la sensazione di aver preso un bidone. Per sovraprezzo chiedo se l'auto è in grado di arrivare in Florida (saranno 2542 miglia a fine viaggio) e a Larry basta alzare un sopracciglio per trasformare in un azzurro limpido una notte buia e tempestosa.
Natale in Florida!

La seconda avventura riguarda il top roof. Un giorno di settembre torniamo a casa e proviamo a richiuderlo azionando l'apposito pulsante: non ne vuole sapere di chiudersi! "Odio gli spagnoli che tirano bidoni ai poveri italiani boccaloni", è il mio primo pensiero.

Chiamo l'ex proprietario e un amico che possiede una convertible simile, ma non ne vengo a capo. In realtà posso chiudere il top roof ma a prezzo di uno sforzo che mette in evidenza i muscoli scolpiti sul mio petto e sulle mie braccia. Provo a sentire Larry, che mi consiglia di rivolgermi ad un carrozziere. Provo dal carrozziere, ma mi manda da un altro a Raleigh. Un terzo chiede 94$ per fare il preventivo. Gr.... odio ancora di più gli spagnoli! Mio suocero non può fare a meno di comprare un tester (riuscirò a rivenderlo?) e proviamo tutti i collegamenti, anche quelli che non c'entrano nulla, perchè "non si sa mai". Inoltre elabora nottetempo uno schema dell'impianto elettrico dell'auto che mette a durissima prova le mie svanite conoscenze di elettrotecnica.
Il bocia del bocia

Poi, dopo svariate ipotesi, mumble mumble, sarà così? E se smontassimo i sedili? E se smontassi l'intera auto?... ecco la soluzione ed un nuovo mantra per la mia vita attuale: "Youtube è il migliore amico dell'uomo!".

Trovo un video che spiega che il problema è probabilmente la mancanza di olio nel motorino idraulico che alza e abbassa la struttura. Negli ultimi dieci anni qualcuno si è preoccupato di verificarne il livello che, come scoprirò poi, è ben oltre sotto lo zero? Odio un po' meno gli spagnoli, anzi mi sono di nuovo simpatici: una tanichetta da pochi dollari, una siringa e una chiave inglese ed il problema è risolto.
"Youtube è il migliore amico dell'uomo" (cit.)

Morale? Il top roof si alza e si abbassa regolarmente e io, topo di biblioteca, scopro di essere diventato in grado  di smontare e rimontare mezza Sebring con un'unica chiave inglese, bendato e con una mano legata dietro la schiena. Che sia l'ora di provare un Guinnes?
Giro di prova per sfoggiare i cappellini


Non avevo intenzione di scrivere questo post: per scaramanzia o semplicemente per non ammettere che di auto non capisco nulla. Un dramma alle elementari, quando tutti i miei compagni sapevano a memoria le misure e le prestazioni di qualsiasi auto ed io, vergognosissimo, distinguevo a malapena una Cinquecento da una Millecento.
A 90 km da Cuba: Key West, il punto più a sud degli Stati Uniti continentali

Galactica è un simbolo, un pezzo di ciò che sono ora o, semplicemente, un mezzo di trasporto per spostarmi da A a B. Forse l'ho comprata come antidoto alla crisi di mezza età: incrocio le dita e mi godo i giorni che mi restano da passare con lei.

Sursum corda e Hasta la victoria siempre!

Seconda scelta se Galactica non fosse stata disponibile






   




giovedì 5 gennaio 2017

Da Chapel Hill a Key West e ritorno: 2542 miglia!

Partiamo da Chapel Hill il 21 dicembre pomeriggio, appena Rebecca torna da scuola, con destinazione Santee in South Carolina, non tanto perché si trovi all’interno del bellissimo parco statale del lago Marion, ma perché tappa perfetta dal punto di vista logistico in quanto a tre ore e mezza di distanza da casa.

Ingresso dell'Universal Studio

Il mattino del 22 ci svegliamo prestissimo: vogliamo sfruttare al massimo un’entrata pomeridiana ai parchi Universal di Orlando. Abbiamo, infatti, un’offerta online comprensiva di hotel e biglietto per entrambi i parchi (Universal Studios e Universal Island of Adventure) per quattro giorni, ma nell’economia del viaggio non possiamo permetterceli… quindi pit stop veloce e si macinano chilometri.

Alle due, parcheggiata l’auto nel settore di Spiderman, entriamo in bermuda e t-shirt nell’hollywoodiano parco divertimenti e, fin dai cancelli, ne respiriamo l’energia che cattura adulti e bambini, lasciandoci trasportare in un mondo di fantasia fatto di rides adrenaliniche, shows accattivanti e ambientazioni così ben fatte da sembrare reali.


San Francisco Piers
Sullo sfondo l'adrenalinica "Hulk", la preferita di Tommaso


Adesso i Blus Brothers sono tre
Cominciamo con uno spettacolo 4-D di Shrek per poi tuffarci letteralmente a capofitto dalla Hollywood Orlando Rip Ride Rocket, una delle montagne russe consigliate solo ai non deboli di cuore alti più di 54’’. Ognuno può selezionarsi una soundtrack da ascoltare durante i giri della morte e le cadute in picchiata: io ho scelto “I will survive” per scaramanzia…Tommaso ha ormai superato ampiamente il limite di altezza e mi preparo ad essere più a testa in giù che a testa in su per altri tre giorni!



Hogwart Express
Tutto è fantasia ed immaginazione. Anche spostarsi da un parco all’altro significa intraprendere un viaggio surreale: da un’incredibile ricostruzione della stazione di Kings Cross, passando ovviamente attraverso il muro del binario 9 e ¾, si sale sull’ Hogwart Express, il treno che collega Hogsmeade a Diagon Alley, i due settori dedicati alle opere di J.K.Rowling; in uno scompartimento perfettamente identico all’originale, ci si immedesima con Harry Potter e i suoi amici lasciandosi trasportare dalla fantasia e, arrivati a destinazione, si è pronti a diventare un vero mago: dopo aver scelto la bacchetta (o meglio, dopo aver permesso alla bacchetta di sceglierti nel famoso negozio di Olivander, piccolo ma con migliaia di scatole di bacchette impilate in perfetto ordine fino al soffitto!)
e pronunciando parole magiche che accompagnano gesti precisi, tutti possono fare incantesimi: da una scatola esce una rana gracidante, una fontana inizia a zampillare….
La bacchetta di Ginny sceglie Rebecca

Girovagando tra le stradine fate attenzione al drago che sputa fuoco vero dall’alto della Gringotts Bank e, se siete colti da una fame improvvisa, entrate da Leaky Cauldron e sperimentate alcune delle ricette presenti nei sette libri di Harry Potter, create da un gruppo di ricercatori culinari appositamente per il parco: il famoso “Toad in the hole” e la “Butterbeer” sono nel menù.

Quando ha voglia il drago sputa fuoco

Le ore, o meglio i giorni, passano rapidamente tra le attrazioni dei due parchi, regalandoci emozioni e bellissimi ricordi. Ma è ora di ripartire.
"Aspettatemi!"
Il 26 ci spostiamo sulla costa ovest della Florida, rilassandoci sulla rinomata spiaggia borotalco di Siesta Key a sud di Sarasota. Una spiaggia immensa, di un bianco abbacinante, con le famose cabine color pastello dei life-guards… aggiungeteci 26 gradi e un buon libro da leggere e la giornata si conclude in modo positivo con un bellissimo tramonto!

Siesta Key a Sarasota

27 dicembre: l’Everglades National Park visto dall’acqua. Entriamo dal gate più a ovest e ci regaliamo due escursioni in mare: la prima ci permette di spingerci più al largo tra le 10000 isole di cui è famosa questa parte del parco e avvistare i delfini, con la seconda, su una barca da soli sei passeggeri, penetriamo nell’intricato dedalo creato dalle mangrovie per trovarci faccia a faccia con gli alligatori.
Tra le mangrovie
Due delle 10000 isole
Il re delle Everglades
28 dicembre: escursione a Key West. L’accesso al punto più a sud degli Stati Uniti vale il viaggio. Con a sinistra l’oceano Atlantico e a destra il Golfo del Messico, superiamo la serie di ponti che si snoda per 100 miglia collegando il famoso arco di isole (l’arcipelago ne conta 1700) al continente.

Più vicina a Cuba che a Miami, arriviamo a Key West, l’irriverente paradiso tropicale in cui coesistono storia, cultura, bellezza, clima e diversità culturale. Non ci stupisce che Ernest Hemingway e Tennessee Williams abbiano trovato su quest’isola l’ispirazione. Dopo aver passeggiato tra le strade fiancheggiate da bellissime case in legno con veranda e ornate di palme, ci siamo lasciati sedurre dal fascino cubano assaporando piatti a base di carne e pesce alla griglia accompagnati da “platanos”, “arroz” e “frijoles” (qui la lingua ufficiale è lo spagnolo e ci divertiamo a storpiare questa lingua molto simile alla nostra riproponendoci, io e Rebe, di fare un corso tornate a casa). Sulla via del ritorno, Tommaso e Roberto si godono un bagno al tramonto in quella che è considerata la più bella spiaggia delle Keys nel Bahia Honda State Park.
Cuba Food vs US Food: 1:0

29 dicembre: la giornata è dedicata al parco marino John Pennekamp a Key Largo, dove affittiamo due Kayak doppi per goderci in solitaria la natura. Rebecca e Tommaso decidono di fare coppia (entrambi volevano andare con il padre che dava giustamente più sicurezza) ed imparano in fretta le leggi basilari del pagaiare: a destra per girare a sinistra, a sinistra per girare a destra… io dopo due ore non ho ancora imparato, avvalorando la loro scelta di non scegliermi!



Key Largo: parte facile...
All’interno di un’insenatura, un manate nuota a meno di due metri da noi… tratteniamo il fiato per l’emozione (io e Rebecca anche un po’ per la paura: sono vegetariani, ma anche belli grossi e il fatto di essere su una canoa a filo d’acqua non ci dà molta sicurezza!) e ci godiamo lo spettacolo di questo enorme mammifero che ad intervalli risale in superficie per respirare.

... e speriamo di non incontrare coccodrilli
Restituiti i kayak Rebecca tenta un bagno dalla spiaggetta di sabbia del parco, ma ne esce quasi subito, dopo aver visto una medusa formato gigante. Anche se si era spinta solo a due passi dalla riva, ne sono sollevata… ed a ragione: mentre noi ci stavamo dedicando ad uno sport meno pericoloso (leggere, dormire, prendere il sole… dormire ancora un po’!) esce dall’acqua una coppia di ragazzi terrorizzati per aver avuto un incontro ravvicinato, sul confine della zona balneabile, con un alligatore!


Landscape (Intervallo)
Optiamo per una visione più sicura di questi anfibi e torniamo al parco delle Everglades per una passeggiata al tramonto lungo l’Anhinga Trail (su una passerella di legno rialzata!).
Anhinga Trail

Macchina fotografica pronta per gli ultimi scatti ai famosi “gators”, i protagonisti imbattibili del sud della Florida.
Gators watching

Per cena replichiamo con cucina cubana nel quartiere di Little Havana a Miami e ci immaginiamo una visita durante una delle prossime vacanze. Obama aveva aperto nuove prospettive di incontro tra Cuba e gli Stati Uniti, che l’ascesa di Tramp e la morte di Fidel Castro sembrano minacciare. Cuba rimane infatti al top delle classifiche delle mete da visitare nel 2017, per tentare di assaporarne in tempo l’anima vera prima di una probabile americanizzazione. Non è ancora finito un viaggio che già pensiamo al prossimo!?!

30 dicembre: iniziamo la mattinata con la visita del Wolfsonian museum di Miami, circa 180000 oggetti (noi siamo rappresentati, tra gli altri, dalla famosa sedia zig zag di Cassina e da un impegnativo tavolino da thè stile siciliano) che raccontano la Storia tra il 1850s e il 1950s. Rebecca e Tommaso attraversano le varie sale dubbiosi sulla valenza artistica di molti oggetti e, se non ne escono arricchiti culturalmente, perlomeno ne escono affamati! Una tappa ad una bakery francese, che si rivela poi essere gestita da un’italiana, è d’obbligo: panino di mortadella e si riparte per ammirare gli edifici in Art Decò di uno dei più famosi quartieri di Miami.

Art Decò a Miami
 
Facciamo una breve capatina a Miami Beach giusto per le foto di rito, perché il vento ci impedisce di rilassarci a spiaggia e qui, in fondo, l’attività principale è guardare e farsi guardare, che non fa per noi! Un uomo passa in bicicletta con un lemure sulla spalla, ragazze dai vestiti improponibili procacciano clienti per i locali allineati senza interruzione sulla via principale che fiancheggia South Beach, macchine sportive sono parcheggiate ovunque o sfilano orgogliose a passo d’uomo nel traffico… lasciamo Miami contenti di averci dedicato solo un paio d’ore. Le bellezze della Florida sono sicuramente nei parchi, non nelle città!

Miami Beach

31 dicembre: ci ostiniamo a cercare un po’ di storia a Saint Augustine, il più antico insediamento europeo negli Stati Uniti continentali, visitando il Castillo de San Marcos, una fortezza del 1672 mai espugnata poiché costruita con la “coquina” un materiale formato da sedimenti di conchiglie, che nei secoli si è rivelato perfetto ad assorbire i colpi da armi da fuoco. Un interessante video ci spiega che un altro punto di forza è stato l’addestramento ferreo nel caricare i cannoni: raggiungendo l’automatismo i soldati non sbagliavano durante gli attacchi. Il video è in spagnolo e Tommaso vuole guardarlo due volte: “Alzar la bacheta... preparar el cañon….”. E' talmente entusiasta che si arruola nella milizia spagnola in cambio di una moneta d’oro! Chi lo dice ai nonni adesso?


Ok, l'abbiamo perso!

Il riposo dei guerrieri

Per rimanere in tema visitiamo il museo della pirateria dove tra forzieri e lingotti d’oro ci troviamo faccia a faccia con la Jolly Roger originale. Tommaso fa ancora un po’ di pratica con il cannone interattivo e Roberto ammira la spada usata da Johnny Depp ne “I pirati dei Caraibi”… questa sì che è Storia!!!

1 gennaio: mattinata dedicata al Talbot Island State Park dove, in mancanza di paletta e secchiello, Rebecca e Tommaso si ingegnano e, usando un bastone che, facendo perno, si trasforma in uno spirografo, creano su una spiaggia deserta ed immensa magnifici disegni geometrici.


Beach Art

Pranzo mediterraneo (purtroppo la cucina americana non ha nulla da offrire) in centro ad Amelia Island e arriviamo quando ormai è buio a Beaufort, in South Carolina. Cittadina carina e rivale di Saint Augustine nel dichiararsi la più antica… le dedichiamo solo un rapido passaggio in macchina prima di crollare dalla stanchezza. Prevediamo infatti una levataccia per affrontare senza traffico le ultime miglia.

2 gennaio: nessuna tappa fino a casa, ovvero Chapel Hill, perché casa-casa è Saluzzo! E’ una strana sensazione tornare, ma non tornare sul serio…

Prima di riprendere la routine tiriamo le somme del viaggio: 2542 miglia! Gli Stati Uniti sono davvero enormi!

Intervallo
Crisi di mezza età