giovedì 25 maggio 2017

Dalla pasta agli hamburger

A parte la Juventus (yes!) e Berlusconi (sigh!), il cibo e la cucina italiana sono gli argomenti sui quali occorre essere preparati nel momento in cui si affronta una conversazione di primo livello (quella che inizia con "Where are you from?", tanto per capirci) in giro per il mondo e, secondo la mia esperienza, qui negli US. Ma che dire della cucina americana? E' possibile andare oltre lo stereotipo del fast food e dell'Alfredo Sauce?
Durante una cena con amici americani ho sostenuto che ci sono parecchi cibi che ho apprezzato in questi mesi e che mi mancheranno quando tornerò in Italia. "Really?", mi ha risposto una carissima amica. Ecco da dove è nata l'idea di questo post. 

Ho letto da qualche parte che la cucina americana in realtà non esiste, ma è un misto rivisitato di tutte le culture (compresa quella italiana) che hanno contribuito e contribuiscono a plasmare questo paese. Fare paragoni è un'inutile perdita di tempo ed è sempre meglio esaltare le differenze piuttosto che combatterle: come tutte le cucine che ho provato in giro per il mondo, anche quella americana mi ha riservato diverse gradevoli sorprese.

Ho deciso allora per un elenco di cibi e piatti che sono stati per me una piacevole scoperta in questi mesi. Sono in ordine alfabetico, in modo da lasciare da parte i pruriti degli amanti delle classifiche a tutti i costi:
  • Avocado: sarà la vicinanza con il Messico da dove arrivano, ma gli avocado sono veramente fantastici. Sempre maturi, morbidi e gustosi, consentono di preparare un guacamole spettacolare. O anche solo in insalata con olio e sale. O semplicemente pelati e tagliati a spicchi. Assaggiandoli qui ho capito che non avevo mai mangiato un vero avocado: ne approfitterò finchè posso.
Guacamole in stile Halloween
  • Key Lime Pie: chi è fan di Clint Eastwood e del film "Million Dollar Baby" non può non apprezzare il riferimento a questo monumento della cucina statunitense. Fatta con succo di lime, tuorli d'uovo, meringa o panna, burro, zucchero e latte condensato, è, dal 2006, il dolce ufficiale dello stato della Florida!
  • Hamburgers: con i buns (panini rotondi) e i patties (la pressata di carne di bovino o di bisonte) giusti, non hanno nulla a che spartire con gli hamburger dei fast food che riempiono la nostra fantasia. Aggiungete una fetta di pomodoro, insalata, cipolle caramellate e mostarda e (se proprio volete esagerare) una sbriciolata di blue cheese (una specie di gorgonzola duro). Li preferisco, ovviamente, "rare" (al sangue); leggete "Il club degli angeli" di Luis F. Verissimo, se avete dubbi in proposito. Perfetti se accompagnati da una birra, rigorosamente IPA. I migliori? Five Guys se volete lo stile fast food, Geer Street Garden per chi ha maggiori pretese e vuole concludere con una fetta di Key Lime Pie.

  • Noci della California: vendute in pacchetti già sgusciate, sono un disastro per chi è dipendente dallo spiluzzico fuori pasto: troppo comodo infilare la mano nella busta e prenderne una manciata. Deliziose con yoghurt greco e sciroppo d'acero (vedi sotto).
  • IPA: durante un viaggio in Irlanda avevo giurato che avrei bevuto solo più Guinness. Fortunatamente quasi tutti i miei giuramenti hanno avuto vita brevissima (tipo i buoni propositi del primo dell'anno, tanto per capirci) e dopo la birra trappista (giuramento come sopra) ho avuto un'illuminazione con le Indian Pale Hale, possibilmente nella versione American, con "tenore alcolico più alto e una luppolatura più pronunciata, evidente sia in fatto di amertume (francese, significa Amarezza) che di aroma, grazie all'impiego di nuove varietà di luppoli coltivate in America" (Wikipedia!). Più amare sono, meglio è!
28 febbraio 2017: pronto per il Super Bowl
  • Pancakes: la colazione perfetta per la domenica mattina non può non contemplare una mezza dozzina di pancakes. Da Gughlupf, Mad Hatter o cucinati in casa (la ricetta di Giallo Zafferano è quella che preferisco) impilati su un piatto e generosamente innaffiati di sciroppo d'acero, sono una bomba in tutti i sensi. Si vive una volta sola e tanto vale approfittarne. 
Da non credersi, ma questi pancakes li ho cucinati io!

  • Sumo Oranges: un giorno da Whole Food abbiamo visto un ragazzo avventarsi su un banco di frutta che da lontano assomigliava terribilmente ad un mucchio di... arance. Incuriositi ci siamo avvicinati e ci ha spiegato che erano una varietà Californiana disponibile solo per pochissimo tempo. "Le aspetto tutto l'anno e anche se sono care non riesco a resistere". Che dire? Ovviamente abbiamo provato e il risultato è stato semplicemente divino. Buone perchè rare? Buone perchè care? Buone e basta? Si sbucciano facilmente come dei mandarini e sono dolcissime... 
  • Tortillas: nulla a che vedere con quelle "industriali" che si trovano nei supermercati italiani: generalmente più piccole, sottili e morbide, sono una delizia arrotolate con carne di pollo, peperoni, cipolle, fagioli, riso e guacamole. Una tortillas perfetta. 

  • Bagel: introdotti negli USA dagli immigrati polacchi, sono ciambelle toroidali e possono essere "plain" o ricoperte da semi di sesamo o altre decorazioni. Esiste un apposito attrezzo per tagliarle a metà in modo da spalmarci una crema di formaggio morbida, dopo averli riscaldati in un tostapane. Un must da Starbucks o nelle colazioni nei motel lungo le interminabili Interstates.
  • Banana Bonanza Bread: la mia colazione preferita a casa. Il banana bread è presente da oltre un secolo nella cucina americana: è una specie di plumcake morbido e dal gusto inconfondibile di banana. Il Bonanza è la molla che ha fatto scattare la prima curiosità da Trader's Joe ed è stato amore a prima vista. A parte il sottoscritto, il Banana Bread è è molto apprezzata dai vegani ma "well, nobody's perfect".

  • Maple Syrup: sui pancakes lo sciroppo d'acero è qualcosa di semplicemente divino. Prendete una pila di questa specie di frittelle, dalla consistenza spugnosa, mettete una punta di burro tra una e l'altra e cospargete il tutto di sciroppo d'acero. Appiccicarsi le dita e d'obbligo ma la soddisfazione è al massimo. Se proprio si vuole esagerare: panna e fragole o frutti di bosco in cima al mucchio.
  • Drip coffee: sì, proprio lui: quello dei bicchieroni da passeggio, onnipresente nei telefilm polizieschi. Il mio preferito e quello della Perkins Library (Duke University), con una spruzzata di latte, un pizzico di cannella e noce moscata. Dà soddisfazione girare per il campus con questo bicchiere tra le mani o semplicemente lasciarlo sulla scrivania e prenderne un sorso ogni tanto. Mi hanno detto che gli americani apprezzano gli italiani che bevono questo caffè perchè lo vedono come un segno di rispetto nei confronti della loro cultura. Non so se sia vero; a me piace e continuo a berlo proprio perchè non è un caffè espresso. Insieme all'hamburger è forse la cosa che mi mancherà di più. 
  • Cheese Danish: dopo aver fatto il giro del mondo, atterra regolarmente nel mio piatto: una tortina stile viennoise a strati, rotonda con una crema dolce al formaggio come ripieno. E' sempre un dramma da Gughlupf: cheese Danish o pancakes?


to be continued? Sicuramente sì! Questo è l'unico post che non intendo finire con un punto...

Just in case: la nostra dispensa.

lunedì 15 maggio 2017

From Italy with love

Quando alcuni mesi fa mi hanno chiesto di fare una presentazione sull’Italia alla Duke International House, ho accettato volentieri. Avrei scoperto a breve in quale guaio mi ero cacciata! L’Italia è “tanta” in tutti i sensi. Ed io avevo solo cinquanta minuti. L’Italia è complessa e complicata. Ed io non avevo risposte. L’Italia è un’icona mondiale. Ed io non mi sentivo adeguata.

Con Roberto abbiamo letto, scoperto, discusso e imparato tanto. Abbiamo raccontato la nostra Italia partendo da Saluzzo, fieri di essere cittadini di questa meravigliosa città. La lontananza regala nuove prospettive, mitiga le asperità, rende speciale l’ordinario e ci fa innamorare di nuovo di “casa” nostra.

Impossibile non iniziare con Saluzzo

Diapositiva dopo diapositiva abbiamo raccontato dove si trova la nostra nazione, quanto è piccola sulla mappa fisica, ma centrale nella storia dell’umanità. Arte e storia si intrecciano fin dai tempi più antichi per giungere fino ai giorni nostri con un bagaglio culturale così ricco da far invidia al mondo intero. L’Italia è la nazione con il maggior numero di siti Unesco (51 riconosciuti), luogo di origine della civiltà occidentale, culla del Rinascimento, patria del Cristianesimo. Nazione giovane che ha vissuto anni bui da non dimenticare per non incorrere negli stessi errori.

Luogo dai mille scenari che regala emozioni sempre nuove anche a chi vi abita da sempre. Come la vista del Monviso imbiancato in una giornata serena tornando a Saluzzo dopo tanto tempo…

Un’Italia da vivere più che da visitare, per capirne i lati più segreti. Quelli più veri. Un incontro con la gente che, da nord a sud, costruisce pezzo dopo pezzo il puzzle che racchiude l’anima di una nazione non ancora così unita. Abbiamo ancora molta strada da fare. Le differenze sono una ricchezza, non una barriera. Dialetti, tradizioni, cibi e sentimenti da valorizzare, non da omologare.

Se il marchio “Made in Italy” significa da sempre buon gusto e alta qualità, tante le sfide che l’economia deve ancora affrontare. I numeri parlano chiaro. Debito pubblico, disoccupazione, corruzione e mafia. Investire sull’educazione mi sembrerebbe l’unica soluzione. Purtroppo non tutti la pensano come me.

In un discorso universale di rispetto per l’ambiente e per l’umanità, partendo dall’educazione degli italiani a essere cittadini del mondo, forse potremmo anche dare alcune risposte alle emergenze attuali. Un’immagine fra tante: barconi zeppi di migranti che spinti dal disperato bisogno di vivere approdano sulle nostre bellissime coste. Anche per loro l’Italia deve profumare di casa.

Quando all’estero ci chiedono da dove veniamo, definiamo Saluzzo una cittadina del nord-ovest dell’Italia. Vicino a Torino. “Torino…Juventus” è sempre la risposta. Anche lo sport può unire. Speriamo.  

Seguono le diapositive che hanno accompagnato queste riflessioni. Abbiamo "rubato" le immagini da Internet: spero che nessuno se ne abbia a male. Le due slides che non si vedono sono in realtà due parti di filmato che ho proiettato (ecco i link: Pavarotti 2:14-3:06 e Marco in the Box 1:10-3:06 )



Concludo non rispondendo alla domanda che spesso ci viene rivolta: “Ti trasferiresti negli Stati Uniti?” L’Italia è l’Italia. Gli Stati Uniti sono gli Stati Uniti. Non chiedetemi un confronto. Casa è dove giorno per giorno insegui il sogno della vita. Saluzzo è sempre stata la mia casa. Qui a Chapel Hill mi sono sentita a casa. Il futuro mi regalerà altre case, forse…