martedì 22 novembre 2016

Speciale Thanksgiving


La festa del Ringraziamento, o Thanksgiving, è celebrata negli Stati Uniti ogni quarto giovedì di novembre; quest'anno cadrà giovedì 24 !
Come festeggeremo il 394esimo giorno del Ringraziamento? ( si contano a partire dal 1621 quando nella città di Plymouth, nel Massachuset, i padri pellegrini si riunirono per ringraziare il Signore del buon raccolto). Con un viaggio di famiglia a Charleston nel South Carolina...
 Nel 1863, durante la guerra di secessione, Abraham Lincoln proclamò il giorno del Ringraziamento festa annuale; oggigiorno ha perduto del tutto il suo contenuto cristiano e rappresenta una delle feste più importanti per i nordamericani. Qual è il dunque il suo significato? Lo riassume bene il dirigente scolastico del distretto nel suo messaggio di auguri alle famiglie:
Thanksgiving is a very special time of year. It is a holiday designed around such a simple concept – that our entire nation will pause for one day solely to appreciate all we have been given. No special events or birthdays to be commemorated. No single religious perspective. Just stopping to be thankful.
Pertanto anche noi ci fermeremo per apprezzare quanto ci è stato dato... ne siamo grati!
Mangeremo il tacchino? L'unica cosa certa è che NON cucinerò il tacchino...i supermercati traboccanti di tacchini e ingredienti vari per cucinarlo mi hanno spaventato... non avendo una ricetta segreta di famiglia come pare abbiano tutti qui, spero di assaggiarlo cucinato da altri... la tradizione vorrebbe una cena in famiglia (non al ristorante) attorno al tacchino ripieno, accompagnato da salsa gravy, purè di patate, patate dolci, salsa di mirtilli, verdure e torta di zucca... 
Se tutti i ristoranti fossero chiusi ripiegheremo per due spaghetti aglio, olio e peperoncino...
Happy Thanksgiving!






domenica 20 novembre 2016

Dalle prove Invalsi alle prove nazionali USA


Il 27 agosto ricevo una telefonata da un’operatrice del distretto che mi annuncia che, per un disguido, hanno avuto molto da fare, si sono dimenticati di somministrare il test di ingresso a Tommaso. “C’è infatti un programma per stranieri alla Culbreth Middle School…”, inizia a spiegarmi la signorina, “nel caso il livello di inglese non fosse sufficiente per poter frequentare un corso normale…”. Non la lascio nemmeno finire e, complice la stanchezza, le scarico addosso le tensioni accumulate: “ …abbiamo corrisposto via mail con voi per mesi, mio marito è venuto personalmente a maggio, la settimana scorsa siamo passati al distretto due volte per compilare definitivamente i vari moduli, dichiarando tra l’altro mille volte che Tommaso era di madrelingua italiana e che possedeva scarsa conoscenza della lingua inglese, lo avete assegnato alla Phillips Middle school in base alla nostra abitazione, che ormai abbiamo affittato fino a luglio, siamo stati alla scuola per incontrare la preside ed alcuni insegnanti che, gentilissimi, ci hanno accolto calorosamente, Tommaso ha già scelto le materie opzionali, tra cui orchestra, per tanto abbiamo noleggiato un violoncello…e adesso, a due giorni dall’inizio della scuola, dovrei dire a mio figlio che cambierà scuola ancora prima di cominciare?”. Possibile che vi siate dimenticati di parlarcene per sei mesi...? Ed ecco che mi viene in mente di fare una domanda fondamentale: “Is it compulsory?” (traduzione libera: sono obbligata ad accettare questo stupido programma?) “Era solo una proposta”, mi risponde appena le lascio l’occasione e, aggiunge, che toccava a noi scegliere, ma il frequentare una scuola (a 45 minuti d’auto!) con un programma per stranieri lo avrebbe facilitato nell’apprendere la lingua (“Quale lingua?”, volevo chiederle, “Se avessi voluto che imparasse il cinese, saremmo andati in Cina!”)  e che dopo un anno sarebbe stato inserito nelle classi normali…(ma io ho solo un anno!!!).
Dopo circa quaranta minuti di discussioni pseudo pedagogiche prendo un appuntamento per il giorno successivo: in ogni caso il test deve farlo. 
Arrivati al distretto, preparo psicologicamente Tommaso ad una sconfitta certa e lo affido ad un esaminatore che non ci mette per nulla a nostro agio: si prenderà cura di lui per circa tre ore, somministrandogli un test di inglese e uno di matematica. Tommaso ne esce distrutto perché si aspettava una delusione per la parte di inglese, ma contava di far bene nella parte di matematica… “Cosa è capitato?”, gli chiedo. “La prima parte è andata bene, poi però mi ha chiesto di risolvere dei problemi solo leggendomi il testo…io non capivo cosa mi diceva…  “Non preoccuparti Tommaso, come ti ha detto la preside della Guy Phillips, non è un problema che non parli inglese adesso, imparerai in fretta!”, lo rassicuro.
Firmo un modulo con il quale accettiamo che i risultati di Tommaso ai test nazionali svolti durante l’anno (tipo il nostro Invalsi) non valgano per la media nazionale e ci lasciano andare… a festeggiare la stupidità umana con una cena fuori (se avete una delusione da superare e siete da queste parti vi consigliamo il ristorante messicano Tacos Gonzo e Tequila, con noi ha funzionato!).

La scorsa settimana hanno finalmente somministrato il famoso test nazionale di matematica ed in un paio di giorni sono arrivati i risultati (pubblici, non segreti come in Italia!): il professore di Tommaso era esaltatissimo perché finalmente un suo alunno (indovinate chi?) aveva preso 100… si apre la porta dell’aula e una signorina gli comunica che la valutazione dell’alunno straniero Tommaso Revelli non verrà inserita nelle statistiche…Mr Shelby è fuori di sé e, disperato, afferma: “We (noi americani) are so silly!”.
Noi (famiglia italiana ro.da.re.to) abbiamo riso.
Morale: USA-Italia: 0-1! 

(to be continued...)

martedì 15 novembre 2016

Da Obama a Trump?

Le elezioni sono passate e Trump sarà il 45 presidente degli Stati Uniti d'America. Personalmente la cosa non mi piace per nulla così come non mi piace la piega che stanno prendendo le cose: dal muro con il Messico, ai mussulmani, al clima, all'Obama Care,...

Per quanto ci riguarda abbiamo seguito per tutta le sera e buona parte della notte lo spoglio sulla CNN, ansiosi perchè il North Carolina era uno degli stati chiave e da giallo stava diventando sempre più rosso (il colore dei repubblicani) includendo contea per contea, tranne quelle vicino a noi che diventavano blu (il colore dei democratici). Poi il risultato inequivocabile: Florida, Michingan e Ohaio a maggioranza repubblicana e 290 grandi elettori a Trump.


Il giorno dopo, tornato a casa, Tommaso ci ha raccontato: "Nella mia scuola sono in lutto e si vestono di blu per protesta. L'insegnate di inglese ci ha letto un brano che praticamente significava: non abbiate paura, vi proteggeremo noi.". Più o meno la stessa cosa nella scuola di Rebecca: "Ieri una fiumana di ragazzi si è riversata nei corridoi della scuola scandendo slogan contro Trump".

A caldo la reazione a cui abbiamo assistito era di sgomento da parte di chi ha votato per la Clinton: una vicina di corridoio con la quale in tre mesi ho scambiato a malapena qualche saluto, entra direttamente nel mio ufficio e per venti minuti abbondanti mi parla di quanto sta male e di quanto è preoccupata. "They need to talk, hanno bisogno di parlarne", mi dice un collega, anche lui non cittadino e quindi non votante, che sta affrontando più o meno la stessa cosa. Mi arriva una mail dall'Università: all'International House organizzano dei gruppi di discussione per coloro che, sconvolti, vogliano parlare delle elezioni e provare ad elaborare quanto accaduto.


La sensazione è comunque che questa indignazione non durerà tanto a lungo: si scaldano in fretta ma si raffeddano altrettanto in fretta, forse come un sistema che si autoprotegge. Il clima è diventato di attesa e temo che chi si aspettava sollevazioni generali resterà abbastanza deluso.

Le elezioni sono state regolari e, per certi versi, fanno innervosire le proteste di chi si è svegliato il giorno dopo: solo il 48% degli aventi diritto ha votato, gli altri dov'erano?

Indipendentemente dal sistema elettorale, la classe politica non è che uno specchio della società che la esprime, quindi
  • milioni di statunitensi hanno votato perTrump;
ma
  • milioni di statunitensi non hanno votato per Trump.

Condivido abbastanza quanto ho sentito esprimere da un'amica: "Trump è l'America bianca, pasciuta e razzista che si rivolta contro tutti i progressi che questo paese ha fatto dal Civil Rights Movement in poi".

Per concludere:

1) vi invito a leggere questo post: http://www.wumingfoundation.com/giap/2016/11/un-feticcio-di-working-class/ Mi è piaciuto molto ed esprime bene molte cose che ho visto e sentito in questi giorni.

2) vi allego un paio di mail che abbiamo ricevuto, una dal Rettore della Duke, l'altra dal sovrintendente del Distretto Scolastico di Carrboro-Chapel Hill. Sono in fondo a questo post e le lascio in inglese per evitare di travisarne il significato traducendole. Lascio a voi ogni commento.

3) su un muro a Durham è apparsa questa scritta

http://www.cnn.com/2016/11/10/us/post-election-hate-crimes-and-fears-trnd/

e ieri ho personamente fotografato questo cartello davanti ad una casa





4) Il Ku Klux Klan (KKK) ha annunciato per il prossimo 3 dicembre una manifestazione a favore di Trump in North Carolina. Non ha specificato il luogo. Oltre a sperare che una cosa del genere non accada, è da egoisti sperare che, se proprio devono farla (siamo in un paese democratico, o no?), la facciano da un'altra parte?


Mercoledì scorso ci siamo svegliati in un mondo diverso? Molto probabilmente no.



Greetings Students, Staff and Parents.

This note is simply an affirmation that our schools are safe places where every person is welcome. No matter if yours is a family that has been in the area for generations or is new to the community, whether your family speaks English as a second language or arrived as refugees, Chapel Hill-Carrboro City Schools is a safe place where students can learn and grow without fear.

Our schools mirror those characteristics of our community which we cherish most – diversity, inclusion and the freedom to live as we choose. We will continue to support our students, and their irrefutable rights for an education free of worry, distress and intimidation.

If any student has concerns following our recent elections – or any other matter – we have counselors and other staff prepared and available to assist. Please know that our district policies regarding harassment and bullying are clear, and will be upheld.

We are committed to ensuring every student is accepted and embraced. In this we will not compromise.

Thank you for your continued support.

Sincerely,

Jim Causby - Interim Superintendent




To the Duke community:
A particularly hard-fought and divisive election season, one that was marked by a high degree of negativity, has come to an end, and America has elected a new president.  Whatever positions we held in this contest, we all have a stake in the future health of the national community, so we all need to find ways to lessen negativism and division and to reengage the common good.

At this time of national change, I write to remind you that this university has its own abiding values, which carry protections and obligations for us all.  Duke’s mission is built on the ground of respect for differences. The university is intentionally diverse and inclusive because encounters with different perspectives, beliefs and ways of thinking lead to a more comprehensive understanding—in politics as in every domain. For this reason, each member of this community deserves the full respect of every other and owes everyone the same respect in return. And we must not simply tolerate difference of opinions but create the conditions for respectful dialogue that allow mutual education to take place.

In the coming days and weeks, Duke’s intellectual community, informed by the research and expertise of our faculty, will help us to understand the meaning of this election for America. I hope you will participate in upcoming discussions with faculty, staff and fellow students to  analyze this singular year in American politics and to debate the particulars of the way forward.

Most importantly, while our government undergoes a transition, this university remains steadfast in its commitment to diversity, inclusion, and the free exchange of ideas, and we are unwavering in our support for the value of each member of our community. 

Sincerely,
Richard Brodhead
President












giovedì 10 novembre 2016

Dalla Mole alla talpa

Veramente non vi siete ancora resi conto che é appena passato il giorno piú importante dell'anno??? Vi posso dare un piccolo indizio: era sabato 23 ottobre. Beh, dovete considerare che qui la data si scrive in modo diverso e quindi era il 10/23... non l'avete ancora capito??? Era il mole day, ovviamente! Ok, vi evito la lezione di chimica, sappiate però che una mole é 6.02x10^23.
Come studenti di chimica abbiamo comprato una maglietta (color verde prato fosforescente/ materiale radioattivo terribile) e l'abbiamo indossata per l'occasione (per chi non l'avesse capito la sigla della mia scuola é ECHHS, come chiaramente si legge dalla maglietta, vero?). Il significato della vignetta stampata sul retro, siamo sinceri, non l'abbiamo capito...se qualcuno avesse un'idea, illuminateci nei commenti!
Inoltre è appena finito il primo quarto di anno scolastico, ragione in più per festeggiare, quindi: Mole Day Celebration!
E fin qui sembrerebbe tutto normale, ma quando la nostra insegnante ci ha chiesto cosa avremmo portato da mangiare per la festa e, mentre noi svolgevamo un test, ha ritagliato tanti adesivi dicendoci che ce li avrebbe dati come premi... ho iniziato a pensare che la situazione ci stesse sfuggendo di mano! Fortunatamente ho la lezione di chimica l'ultimo periodo così, dopo sei ore di scuola, ero ben felice di non dovermi subire la solita routine di copiare e completare il "journal", farsi mettere il timbro con la scimmietta sul compito svolto, passare il codice a barra per registrare di aver fatto il compito, fare qualche lavoro a gruppi che alla fine, non si capisce come mai, dobbiamo rifare sempre almeno tre volte accorgendoci poi che la soluzione esatta era quella del primo tentativo, segnarci il compito per il giorno successivo e finalmente tornare a casa...
Il 23 ottobre arriviamo in classe, sistemiamo tutto il CIBO su uno dei banconi e riceviamo un biglietto di auguri per il mole day dalla nostra insegnante e un disegno di una talpa (in inglese mole vuol anche dire talpa) da colorare in base alla carica degli elementi scritti nei vari riquadri. Siamo forse tornati all'asilo? Dopo aver preso un po' da mangiare e da bere... un po' per alcune mie amiche ha voluto dire 5/6 pezzi della mia pizza (Italian pizza fatta in casa, bisogna approfittarne) ci sediamo nei banchi per vedere i video del mole day che, a detta dell'insegnante: "You gonna laugh for them, all my student last years liked them very much". Siamo a posto, penso, mi tocca mezz'ora di video incomprensibili!!! E invece no... perchè questi non sono semplici video trovati su youtube, ma sono video americani fatti apposta per una festa che sembra essere fondamentale per la tua sopravvivenza come alunno di chimica. Per avere un'idea potete guardarli, e vi invito a farlo, così potete capire veramente cos'è una cosiddetta americanata!


I due migliori sono:
https://www.youtube.com/watch?v=iM_I6rtIgn0 e
https://www.youtube.com/watch?v=ReMe348Im2w.



 Per concludere in bellezza l'insegnante ci ha chiesto di appendere i nostri capolavori nel corridoio, annunciando che avrebbe dato un premio ai 9 migliori...ma ad averlo fatto eravamo solo in 5 e quindi: stampino assicurato!!! I can't wait for it!!! I ever wanted a mole day sticker!






 P.S. cosa si ottiene se si divide un avocado in 6.02*10^23 parti?
In palio una fajitas!!!


lunedì 7 novembre 2016

Da Mattarella ad Obama... ed oltre

Ieri Tommaso è tornato a casa da scuola dicendo: "Oggi tutti i professori non parlavano d'altro che delle votazioni presidenziali. Sostenevano che le altre volte (per l'elezione di Obama, ad esempio) potevano persino permettersi di non andare a votare, perchè era chiaro il vincitore; non questa volta. Sono tutti preoccupati che vinca Trump!"

Al Book Club che Daniela frequenta il venerdì, molte signore americane sostengono di essere preoccupate perchè i giovani, compresi i loro figli, non vogliono andare a votare, non essendo soddisfatti di alcun candidato...

Rebecca, nell'ora di storia, sta affrontando, ormai da alcune settimane, il tema delle elezioni con un gioco di ruolo: hanno formato dei partiti, scritto 20 propositi da attuare in caso di vittoria, unito in un secondo momento i partiti formandone due maggiori e lasciando i minori ad appoggiare l'uno o l'altro, girato video di propaganda politica... avranno le votazioni il 17 novembre!

Da quando siamo arrivati ad agosto, molte persone ci hanno detto che avevamo scelto un momento particolare e "crazy" per vivere negli States ed aggiungevano che si vergognavano di accoglierci in questa situazione... l'orgoglio americano era stato messo a tacere. Senza vantarci li abbiamo sempre rassicurati dicendo "Non vergognatevi, anche noi abbiamo dato!".

La peggiore dedolezza degli americani sta, a nostro parere, nel non considerare altra alternativa al loro stile di vita e di pensiero. L'altro non esiste, semplicemente. E' commovente, a volte, l'ingenuità che trapela dai loro discorsi. Trovarsi al livello di tanti altri, compresa l'Italia in un suo più o meno recente passato, li meraviglia, stupisce e, nella parte più illuminata, preoccupa.


La sensazione è comunque di disorientamento e tocchiamo con mano come i gruppi etnici, in particolare afro-americani e latino-ispanici esprimano paura per una possibile vittoria del candidato repubblicano. Hilary Clinton non piace, ma si moltiplicano gli inviti alla responsabilità: "To my beloved students:... elections are not the moment to express anger and to protest, and politics is not about getting what you need. Politics is about getting the best deal you can. Elections are the moment when you take responsibility, not for yourself and your (legitimate) frustrations, but for a society at large." (cit.)

Da mesi ormai ci chiedono davanti a negozi, scuole, chiese ed università se ci siamo iscritti per le votazioni. Non siamo americani, rispondiamo, "We are aliens, sorry". Ci piacerebbe aiutarvi votando ma non possiamo.

Anche Halloween è stato molto politicizzato, con  tanti Trump che si facevano intervistare e fotografare.

Per le strade si trovano cartelli che invitano a votare l'uno o l'altro candidato, così come cartelli che invitano a votare "contro" un candidato. Negli States la pubblicità "contro" è legale. E' molto buffo un cartoons contro i Clinton che ossessivamente gira sulla tv via cavo. Qualche giorno fa nella posta abbiamo ricevuto un volantino "contro" Deborah Ross (candidata al Senato in questa zona) con frasi veramente poco lusinghiere. La pubblicità contro mette comuque tristezza.
 
Ci sono persone che con un semplice cartello in mano si mettono lungo la strada, agitandolo in direzione dei veicoli.

E' un momento difficile, la generale debolezza che ad esempio sta dimostrando l'Unione Europea meriterebbe un aiuto più forte da parte del paese più potente del mondo. Percepiamo che oggi come non mai il mondo si trovi davanti ad un bivio e queste "crazy" elezioni americane sono forse la punta più evidente dell'iceberg.

Uno dei tanti Trump fotografato da Daniela alla "Parade" di Chapel Hill del 31 ottobre




giovedì 3 novembre 2016

Dall'inglese di Shakespeare al Southern American

Anno sabbatico negli States. Da sempre sognavo di trascorrere un periodo lungo in un generico “English speaking country”: aggiornamento per me ed opportunità per Rebecca e Tommaso di acquisire quel livello di fluent English che non si impara sui banchi di scuola, ahimè! Ma quale English impareremo?

Che l’American English non fosse proprio la lingua del bardo me lo aspettavo, ma forse avevo sottovalutato le miriadi di variazioni sul tema che ci hanno accolto e messo alla prova fin da subito.
Lo standard American English andrebbe benissimo: diciamo pure "fall" al posto di "autumn", utilizziamo l’ausiliare anche per il verbo avere o inseriamo il mese prima del giorno nelle date… 

Il vero problema nasce con l’uso dei dialetti ed in particolare della “parlata del sud” che coinvolge l’area che comprende gli stati costieri di Virginia, North e South Carolina, Georgia, Alabama, Missisipi, Louisiana, il nord della Florida e la zona detta anche South Midland, cioè sud della Virginia Occidentale e del Kentucky, Tennesee, Arkansas, sud del Missouri e dell'Oklaoma, fino alla metà orientale del Texas.
Quanto può cambiare la pronuncia della stessa parola a seconda della variazione dialettale? Tanto, ve lo assicuro!  
Il “guy” che è venuto da noi ad agosto per l’installazione del gas aveva veramente voglia di fare quattro parole… noi abbiamo annuito molto e tentato di fare commenti neutri, rivelandoci a vicenda, non appena salutato il tecnico gentile, che non avevamo capito una parola. Il ritmo era piacevole, l’argomento trattato erano le attrazioni turistiche da non perderci in North Carolina… I particolari? Non ne abbiamo la più pallida idea! Ci siamo assicurati che il gas funzionasse rimandando i consigli turistici alla sempre affidabile Lonely Planet!

Il Southern American English ha inoltre molti legami con un'altra varietà di inglese con la quale abbiamo imparato a convivere: l’inglese afro-americano vernacolare (AAVE), conosciuto anche come Black English. Le origini sono ancora dibattute, ma  è sicuramente legato alla storia afro-americana e presente nella sua letteratura. Si differenzia dall'inglese standard per pronuncia e tempi verbali nonché, in misura minore, sul piano lessicale. A volte sembra quasi un'altra lingua...(https://en.wikipedia.org/wiki/African_American_Vernacular_English).
Adesso che sono passati tre mesi e abbiamo fatto pratica ai vari uffici per l’installazione di TV e Internet, acqua ed elettricità, ai vari Home-Depot (enormi “Fai-da-te”) alla ricerca di vari prodotti di uso comune (scherzo!) tipo il liquido per il motorino che solleva la capotte della nostra “convertible” o anche solo conversando con gli autisti dei bus, siamo finalmente entrati nel ritmo (il country blues va per la maggiore) e frasi come "I ain't gonna take..."  non ci spaventano più!

La settimana scorsa abbiamo avuto una perdita d’acqua dal sensore anti-incendio. Panico, non tanto per qualche goccia d’acqua, quanto per la trafila di telefonate che mi aspettava. Quanti accenti dovrò decifrare? Chiamo il responsabile dell’agenzia che ci ha affittato l’alloggio (tutto bene, lui parla uno Standard American English) e gli comunico che abbiamo una perdita d’acqua dalla valvola anti-incendio nell’ingresso. Chiamerà la direzione e manderà qualcuno ASAP (as soon as possible). Dopo due ore non si è ancora presentato nessuno. Nel frattempo ero salita al piano di sopra e avevo suonato il campanello. Una giovane donna asiatica stava facendo la doccia. Aspetto sul pianerottolo che si asciughi e in una conversazione più gestuale che sonora (siamo buoni e definiamolo un ESL: English as a Second Language) mi dichiara che lei non ha problemi di perdite… certo, volevo dirle, è il suo bagno che perde, i problemi li ho io… ma soprassediamo!. Richiamo l’agente immobiliare e aggiungo il particolare della doccia che, secondo me, è rilevante (anche secondo l’agente, che mi chiede di riferirlo a chi verrà ad esaminare il problema…sta diventando il gioco del telefono senza fili…).


Comincia a gocciolare anche in altri punti del soffitto e ho solo due secchi (uno è quello che ci servirà per il famoso trick or treat di Halloween!). Sollecito con una foto. Ricevo una prima telefonata e mi ritrovo a parlare di infiltrazioni e pressione nei tubi… Shakespeare si sta allontanando sempre più… seconda telefonata, di un altro tecnico. Aiuto, chi è questo? Arriverà anche lui nel giro di poco, dice. Intanto suona il campanello. “Hi, Guys”, un giovane con l’immancabile cappellino si presenta come tecnico della direzione e ci chiede una scala per controllare la valvola… ti pare che abbia una scala? Non potevo mica costruirla con le scatole delle pesche! Va a prenderla sul furgone… nel frattempo l’agente vuole notizie… mi chiede di fargli telefonare dal tecnico appena torna. Il tecnico non vuole telefonargli perchè, dice, non sa qual è la causa della perdita con certezza (da un problema di lingua diventa un problema di responsabilità: meglio tacere!). I vicini del piano di sopra arrivano e può fare un sopraluogo. Lo esorto con bei modi e lui, reticente, sostenendo che probabilmente non gli apriranno la porta (dalla lingua allo stereotipo culturale!) si incammina su per le scale. Io e Roberto ci guardiamo e non abbiamo bisogno di parole. Il tecnico torna in pace con se stesso e con il mondo convinto che il problema sia il “grout” (prendetevi il piacere di ascoltare le varianti di pronuncia di questa parola: http://www.wordreference.com/enit/grout attorno alla vasca da bagno (che qui non si dice “bath”, ma “tube”), ma non vuole chiamare l’agente. Vuole che lo chiami io, quando lui se ne sarà andato e gli spieghi la situazione… Rieccoci! Gli chiedo almeno di scrivergli un messaggio e gli passo il mio cellulare con nonchalance. Lui scrive alcune frasi molto meditate, poi mi guarda e mi chiede in quale lingua è settato il telefono. “Ah, italiano, mi sembrava una lingua strana…”. Siamo pari, vorrei dirgli, perchè a me sembra strana la sua, di lingua! Quella che non vuole parlare! Ci lasciamo con Brad con la promessa che se le cose peggiorassero possiamo chiamarlo a qualunque ora, ma possiamo stare tranquilli, ribadisce, perchè la famiglia asiatica ha promesso che non useranno quel bagno fino a riparazioni avvenute! (Promessa da marinai o non avevano capito il Southern American English di Brad, perché durante la notte ci sveglieremo con un familiare gocciolio. Roberto salirà a bussare ma... nessuno aprirà).
Per concludere la giornata mi ritrovo a parlare con una signora, che immagino di mezza età, ben istruita (Standard American English) che pensa di parlare con l’inquilina del terzo piano, chissà perché e da chi ha avuto il mio numero. E’ la proprietaria dell’alloggio incriminato e deve concordare con la famiglia affittuaria quando entrare nell’appartamento per i lavori: auguri! Chiarito il malinteso salgo un piano di scale per passarle la signora asiatica al telefono, perché non ha il suo numero, e nel frattempo chiacchieriamo amabilmente di riparazioni, assicurazioni e tempistica dei lavori… anche Chaucer mi sta abbandonando! La donna asiatica non risponde. Le lascerò un foglietto sotto la porta, suggerisco alla padrona di casa, che mi ringrazia dicendomi: “I appreciate”. Almeno qualcuno ha apprezzato lo sforzo!  

A questo punto sorge la domanda: quale inglese sto parlando io? Non saprei, ma spesso mi sorridono e mi dicono: “I like your accent! Where are you from?” Lo prendo, forse ingenuamente, per un complimento e rispondo: “From Italy…”.




L'inglese americano ha sempre mostrato una marcata tendenza a usare i sostantivi come verbi. Esempi di nomi resi verbi sono interview, feature, advocate, exit, gun...





martedì 1 novembre 2016

Dalla lezione di scienze all'allegro chirurgo.

Quinto periodo: scienze. Di solito abbiamo una "essential question" al giorno cui rispondere, che in teoria riassume quello che abbiamo fatto a scuola, ma in pratica no. Ogni venerdì, poi, facciamo un test o quiz (spiegatemi la differenza!) a crocette sull'argomento della settimana, utilizzando dei magici computerini personalizzati troppo carini! Questa settimana abbiamo iniziato a parlare del cervello! Oggi è venerdì e quindi... invece no, evviva! Arriviamo in classe e ci troviamo davanti 4 professori/dottorandi (con tanto di camici) in aula… Cosa succede?  Dopo 5 minuti di caos totale per decidere come dividere la classe in due gruppi, abbiamo capito che gli esperti erano qui per farci una lezione di scienze sul cervello. Abbiamo cominciato con il guardare un video registrato da un chirurgo durante un’operazione per asportare un tumore al cervello. Passato lo shock iniziale nel vedere sangue e cose varie che venivano letteralmente tirate via a questo povero paziente, il resto è andato liscio! A metà ora ci hanno scambiato con l’altro gruppo della classe... 5 minuti se ne sono andati!!! Eravamo tutti ansiosi di fare la seconda parte (che ci avevano detto sarebbe stata la più bella)... entriamo e ci sediamo nei banchi disposti a gruppetti di 4/5 persone. Altri 5 minuti. A un certo punto arriva il primario di chirurgia della UNC (University of North Carolina) e altri due tizi sconosciuti con quattro vassoi. Si mangia!?! Speravano tutti… ma ahimè non era vero. Fatto sta che su questi vassoi c’erano 8 cervelli umani e delle confezioni di guanti usa e getta. Dopo neanche 20 secondi una massa compatta di alunni si è accalcata davanti alla cattedra. Altri 3 minuti. Riorganizzata la classe, abbiamo iniziato a sezionare un cervello. BLEAH!!! Come è fatto un cervello? Beh, immaginatevi un misto tra un fungo e della gelatina non troppo liquida, ma allo stesso tempo viscido (lascio a voi l'interpretazione). La parte più divertente è stata quando un microscopico pezzettino di briciola di un cervello è caduto addosso a una mia compagna! Delirio! Persone che urlavano per tutta la classe, tutti in piedi e la vittima quasi in lacrime... forse ho un po' esagerato con "tutti che urlavano" ma rende molto l'idea...